Categoria: Salute
Far battere un cuore: una responsabilità che riguarda tutti
“Certe esperienze sono così intense ed emozionanti che l’ostacolo più grande potrebbe essere quello di non riuscire a trovare le parole giuste per descriverle – parole che diano onore a ciò che ho visto e provato.”
Eppure Veronica Ruzzon, nostra volontaria da un paio di anni, quelle parole le ha prima cercate e poi trovate, tale e tanto forte era la voglia di raccontare la missione in Zambia a cui ha partecipato nel 2018 e insieme di ringraziare le persone incontrate, con cui ha condiviso quella che definisce l’esperienza più bella della vita.
Partire per una parte del mondo diversa, dove nulla è scontato
Veronica è partita a novembre insieme ai medici volontari del programma Cuore di Bimbi:
“persone straordinarie capaci di lasciare la propria famiglia, moglie e figli, per portare vita e speranza in posti del mondo dove non si ha possibilità di scegliere quasi nulla.”
Parti del mondo in cui tutto ciò che noi diamo per scontato, come la disponibilità di acqua e corrente, non lo è più. E in cui proprio per questo, alla fine, delle scelte importanti devono essere compiute, con etica, professionalità, nel rispetto del contesto e degli equilibri già presenti. Al gruppo di medici volontari arrivati in Zambia è bastato meno di un giorno per capirlo.
“In ospedale, già in tarda mattinata, l’acqua non c’era più: venivano preparati dei bidoni per tamponare la situazione. E così anche l’atto più semplice del lavarsi le mani, quando diventava possibile, assumeva un connotato quasi mistico. La corrente è saltata sia durante un’operazione a cuore aperto sia durante la notte successiva, quando i bambini erano intubati.”
È stato proprio in sala operatoria, senza corrente, senza un generatore a supporto, senza l’apparecchiatura necessaria a monitorare lo stato fisico di un bambino che stava subendo un intervento al cuore, che Veronica ha capito: salvare una vita esige di saper andare oltre.
“Io non so se tutto questo ha un senso, so solo che in quei momenti, quando la tecnologia che dovrebbe supportarti viene meno, puoi fare affidamento solo su te stesso e sulle persone che ti stanno accanto. La cosa che mi ha colpito è il fatto che il personale sanitario ha continuato a lavorare come se nulla fosse: senza battere ciglio, senza titubare, senza lamentarsi.”
Vedere un cuore che ricomincia a battere. E oltre.
Durante la missione sono tante le cose a cui si cerca di dare un senso, ma, quando si vedono dei bambini innocenti soffrire, diventa forte la sensazione di essere da un lato impotenti, dall’altro un po’ responsabili rispetto a quanto succede nei Paesi più poveri del mondo.
“Inizi a ragionare in modo diverso: ti chiedi che cosa hai fatto fino a oggi per mettere a disposizione dei bambini, di tutti i bambini, un mondo migliore. Anche se vivi a chilometri di distanza, quello che succede in Zambia è come se succedesse qui, perché il mondo è uno solo, quindi siamo tutti responsabili. Se il bambino ha una malformazione congenita al cuore, è colpa della natura che non ha fatto il suo dovere. Se però questo bambino non può essere operato, per qualsiasi ragione non imputabile al suo stato fisico, c’è un problema.”
Le operazioni eseguite dai medici volontari del programma Cuore di Bimbi sono di due tipi: “a cuore aperto” e di emodinamica. Il loro lavoro però va oltre l’operazione al cuore: accompagnano i bambini cardiopatici e le loro famiglie anche nelle fasi pre e post operatorie e formano il personale sanitario locale, per renderlo il più possibile autonomo nel trattamento delle cardiopatie infantili.
Allo stesso modo l’esperienza di Veronica ha comportato assistere alle operazioni, ma anche molto altro.
“Si è trattato di passare del tempo con i bambini prima che fossero sottoposti all’intervento, stare con le loro famiglie, assistere il personale sanitario nella fase preparatoria. Essere in sala operatoria a pochi centimetri da loro e alla fine vedere i loro cuori stare meglio e ricominciare a battere. E poi ancora vivere la tensione del postoperatorio, quando il corpo del bimbo deve riprendere la sua normale funzionalità, quando le famiglie ti corrono incontro per sapere come stanno i loro bambini e tu non puoi dire né fare nulla, in quanto non ne hai la qualifica. E quando i bambini si svegliano in stato confusionale: alcuni piangono per il dolore, altri perché la mamma non è lì con loro.”
È anche guadagnarsi la fiducia di bambini che non capiscono esattamente che cosa stia succedendo e che cosa debbano affrontare, ma che sono stanchi di vedere ospedali e medici e di non stare bene.
Tutti possiamo fare la differenza, a partire da un palloncino
Il personale sanitario è senza dubbio fondamentale nelle missioni del programma Cuore di Bimbi: i medici volontari sono il punto di collegamento tra la scienza e la vita. Eppure, nel nostro piccolo, siamo tutti utili, sempre e dovunque. E anche un palloncino donato può fare la differenza.
“È straordinario il fatto che un palloncino abbia cambiato l’umore di una bambina, che con maggiore serenità ha affrontato la visita cardiologica, e di conseguenza anche quello della sua mamma, che, con un sospiro di sollievo, per una volta non ha visto la figlia piangere. È la dimostrazione che siamo tutti connessi e che l’obiettivo non viene raggiunto dal singolo, ma dall’unione delle volontà e dei gesti di ognuno di noi. Gesti che, seppur piccoli, creano un concatenarsi di eventi positivi.”
Quello che resta e quello che ancora deve continuare
Al termine della missione Veronica ha portato con sé lo sguardo, il nome, le storie dei bambini che ha incontrato.
“Credo che sia giusto raccontare che grazie a questo progetto moltissimi bambini ce l’hanno fatta e oggi hanno un cuore sano. Credo che sia giusto raccontare anche di un bimbo di dieci giorni, notato da una neonatologa della missione: la sua operazione non era in programma, ma, girando in reparto, la dottoressa ha individuato il suo stato critico e lo ha portato in sala operatoria.”
Tanti altri bambini con il cuore malato aspettano il nostro aiuto per essere operati. Veronica lo sa, lo ha visto, ed è per questo che la sua esperienza è solo all’inizio e – come ci ha raccontato – deve continuare. Esattamente come la nostra.
45583: un sms solidale per salvare un bambino come Coco
Fino al 9 febbraio 2020 invia un SMS o chiama da rete fissa il 45583: puoi salvare la vita di bambini nati con gravi cardiopatie e permettere al loro cuore di continuare a battere forte.
Il piccolo Coco oggi è salvo, ma sai che tanti altri bambini cardiopatici come lui rischiano di morire?
L’80% di loro infatti nasce nei Paesi più poveri del mondo, dove le possibilità di ricevere diagnosi e cure adeguate sono davvero scarse: non solo possono trascorrere anni prima che venga effettuata una diagnosi corretta, ma spesso non ci sono nemmeno strutture sanitarie attrezzate o medici specializzati, preparati per operazioni di cardiochirurgia pediatrica.
I bambini malati di cuore però hanno bisogno di cure tempestive e altamente qualificate: tempestive, perché essere operati nei primi anni di vita significa evitare di avere gravi problemi di sviluppo o, nei casi peggiori, di rischiare la vita; altamente qualificate, perché le operazioni al cuore sono molto complesse e richiedono un team di medici e infermieri con una formazione e un’esperienza di livello elevato.

Ecco perché nel 2005 abbiamo creato il programma Cuore di bimbi: per salvare la vita dei bambini cardiopatici nati nei Paesi più poveri del mondo. Lo facciamo attraverso interventi salvavita, attività di prevenzione e screening, formazione dei medici e del personale sanitario locale.
A oggi, sono 2.066 i bambini che abbiamo operato e salvato, 16.460 quelli che abbiamo visitato, per una corretta diagnosi. Molti altri però rischiano ancora la vita, in attesa di essere operati, e sei proprio tu a poterli salvare, garantendogli le visite e le operazioni di cui hanno bisogno.

Con un SMS o una chiamata da rete fissa al 45583 salverai la vita a 1.879 bambini: a 88 di loro permetterai di essere sottoposti a un intervento chirurgico, a 1.791 di ricevere una diagnosi corretta grazie a uno screening preventivo.
Coco, una storia a lieto fine

Il piccolo Coco è nato in Myanmar, con il cuore malato.
Per lui le giornate si somigliano tutte: nessuna festa, nessun momento di gioco e divertimento con gli amici, niente calci a un pallone. La sua cardiopatia è infatti molto grave e lo obbliga a stare immobile, nel suo lettino, ogni giorno.
All’età di 5 anni e mezzo Coco viene ricoverato nell’ospedale della vecchia capitale Yangon.
Ci arriva in condizioni critiche: il suo respiro è in affanno, il suo cuore malato potrebbe fermarsi da un momento all’altro.
Nessuno però è in grado di aiutarlo: i medici della sua città non hanno le conoscenze per operarlo.
La sua mamma e il suo papà assistono impotenti: vedono Coco stare male e sono preoccupati, ma non sanno chi – e come – potrebbe curarlo.
È a questo punto che siamo arrivati noi di Mission Bambini, con una delle nostre missioni in Birmania. I nostri medici volontari hanno operato Coco, con un intervento al cuore durato quattro ore. Grazie a loro oggi Coco è salvo ed è tornato a correre e a giocare come merita di fare qualsiasi bambino.
La storia di Coco è stata una storia a lieto fine, ma ce ne sono ancora tante che meritano di ricevere lo stesso finale.

ilMioDono di Unicredit: vota per noi, fai un gesto che arriva dritto al cuore!
Fino al 29 gennaio puoi dare la tua preferenza a Mission Bambini sulla piattaforma ilMioDono.it e permetterci così di essere tra le onlus beneficiarie dell’assegnazione dei 200.000 euro donati da UniCredit nell’ambito dell’iniziativa “1 voto, 200.000 aiuti concreti”.
Che cosa sono ilMioDono.it e l’iniziativa “1 voto, 200.000 aiuti concreti”?
ilMioDono.it è una piattaforma online di crowdfunding promossa da Unicredit: le organizzazioni non profit iscritte presentano le proprie iniziative, gli utenti possono scegliere quali progetti sostenere con una donazione.
Anche quest’anno Unicredit propone su ilMioDono.it l’iniziativa “1 voto, 200.000 aiuti concreti – Donare mi dà più gioia che ricevere!”: le organizzazioni non profit iscritte alla piattaforma potranno essere selezionate, attraverso un meccanismo di votazione online, per ricevere una parte dei 200.000 euro che verranno donati in loro favore da Unicredit stessa.
Dai anche tu il tuo voto, dai anche tu un aiuto concreto!
Come votare per Mission Bambini?
Sostenerci è molto semplice!
- Vai al nostro profilo su ilMioDono.it
- Dai il tuo voto, hai tempo fino al 29 gennaio!
- Se vuoi, dopo aver votato, aggiungi una donazione: se arrivi a una somma di almeno 10 euro, il tuo voto sarà moltiplicato per 6!
Fai un gesto che arriva dritto al cuore!
La storia di Ettore
Perdere un figlio appena nato a causa di una grave malattia e decidere di fare una donazione in sua memoria, per salvare altri bambini affetti dallo stesso male. È accaduto a Davide e Anna, due persone speciali che hanno incrociato la nostra strada e che desideriamo ringraziare anche qui sul nostro Blog, in occasione del 13 settembre Giornata Internazionale del Lascito Solidale. La loro storia ci aiuta a capire che con una donazione in memoria – come accade anche per i lasciti – la fine di qualcosa diventa l’inizio di qualcos’altro, quando accanto alla sofferenza e al dolore fiorisce, in maniera sorprendente e apparentemente inspiegabile, un sentimento vitale e prezioso: la gratitudine.
Il cuore di Ettore non ce la fa
Siamo in Italia, nel febbraio 2017. Ettore nasce affetto da una cardiopatia. Il suo caso è molto grave e l’unica possibilità è quella di operare al cuore il bambino. Ettore viene ricoverato a Milano, in uno dei migliori reparti di cardiochirurgia pediatrica del nostro Paese. I medici tentano disperatamente di salvarlo, ma purtroppo nonostante la tempestività dell’intervento non c’è nulla da fare.
La lettera del padre
I genitori di Ettore – come tutti i genitori che perdono prematuramente un figlio – vivono una sofferenza immensa, che crediamo non sia neanche immaginabile. Ma accanto al dolore, nel loro cuore trova spazio un altro sentimento. “Non sono capace di trovare parole adeguate per l’immensa gratitudine che io e Anna proviamo nei vostri confronti”: con queste parole Davide, il papà di Ettore, si rivolge con una toccante lettera ai medici che hanno tentato di salvare il figlio.
La scelta di una donazione in memoria
La lettera del papà di Ettore continua così: “Molte persone ci si stanno stringendo attorno chiedendo cosa possano fare per noi. Non essendoci nulla di ragionevole che possiamo chiedere per noi, stiamo indirizzando tutti a fare una donazione a Mission Bambini, a cui aggiungeremo presto anche la nostra. È il modo più pratico che abbiamo trovato per far percepire la nostra gratitudine, la stima e la sconfinata ammirazione che abbiamo per l’impegno di voi medici. Vi prego di voler estendere i nostri ringraziamenti a tutto lo staff dell’ospedale, che ci ha fatti sentire accuditi in ogni momento, per quanto difficile fosse”.
Un fiume di solidarietà
Nei giorni successivi alla scomparsa, arrivano in Fondazione più di 60 donazioni in memoria di Ettore. I parenti, gli amici, i colleghi hanno accolto l’appello di Davide e Anna: sanno che quelle donazioni, destinate al progetto “Cuore di bimbi”, daranno una speranza di vita a tanti bambini che nascono con una grave cardiopatia in un Paese povero.
La missione in Romania
Grazie al nostro progetto “Cuore di bimbi” infatti, l’impegno dei medici – quell’impegno che pur nella profonda sofferenza che vivevano ha tanto colpito i genitori di Ettore – supera i confini nazionali e arriva là dove i bambini che nascono con una malattia al cuore non possono essere operati per mancanza di specialisti o di strutture ospedaliere adeguate. E assume una connotazione ulteriore che rende questi “eroi in camice bianco” se possibile ancora più degni di stima e ammirazione: i medici che partecipano alle missioni umanitarie organizzate dalla Fondazione sono tutti volontari. La prima missione partita dopo la donazione in memoria di Ettore è quella svoltasi dall’1 al 5 aprile in Romania, durante la quale vengono operati e salvati 4 bambini cardiopatici arrivati dall’Albania.
Lasciti: una tendenza in crescita
Crediamo che quello di Davide e Anna sia un gesto eccezionale, perché nella sofferenza hanno trovato la forza, la lucidità di guardare oltre. E con grande generosità hanno scelto di dare un contributo perché altri bambini, nati malati come il loro piccolo Ettore, anziché perdere la vita la ritrovassero. Oltre alle donazioni in memoria, sempre più diffusi in Italia sono anche i lasciti, con cui facendo testamento si decide di destinare parte dei propri averi ad un ente benefico. Una tendenza che crescerà ancora in futuro, come ad esempio rivela una recente indagine condotta dall’Osservatorio della Fondazione Cariplo.
Per maggiori informazioni sui lasciti:
Consulta la pagina dedicata o contatta direttamente Maria Elena Di Fazio, Referente Lasciti Solidali Mission Bambini: mariaelena.difazio@missionbambini.org
La “molla” della gratitudine
La “molla” che ha fatto scattare la donazione in memoria di Ettore da parte dei genitori è stata la gratitudine verso i medici, che hanno fatto di tutto per salvare il figlio pur senza riuscirci. La stessa “molla” crediamo sia quella che fa decidere ad una persona che ha avuto una vita felice, piena, ricca di amore di fare un lascito testamentario. Gratitudine verso la vita, che sta volgendo al termine ma a cui in qualche modo chi fa un lascito vuole dare un seguito: generando altra gratitudine nelle persone che hanno più bisogno, aiutandole.
Ti è mai capitato di provare una forte gratitudine verso qualcuno o per qualcosa? Questa gratitudine cosa ti ha portato a fare? Raccontacelo nei commenti!