Happy Poline: la bambina che ha lottato per un intervento al cuore grazie a chi non si è arreso
Dall’Uganda all’Italia per un intervento al cuore: la storia di una piccola guerriera.
Nella regione del Nord Uganda, in una famiglia poverissima della comunità acholi, una mamma porta la sua bambina in ospedale. Happy Poline, 11 mesi, ha un colorito bluastro e non cresce. La diagnosi è devastante: una grave malformazione cardiaca che, in Uganda, non può essere curata.
“Lascia perdere”, le dicono. Troppo complicato, troppo costoso, troppo rischioso.
Ma sua madre, con otto figli da accudire e nessuna risorsa, non lascia perdere.
Inizia così una catena di solidarietà e determinazione che attraversa il mondo. Il primo passo lo fa un medico italiano, il Dr. Squillaci, che lavora nell’ospedale di Kalongo e comprende la gravità della situazione. Contatta Fondazione Italia Uganda, che a sua volta si rivolge a Mission Bambini, sapendo della nostra esperienza nel trattamento delle cardiopatie infantili.
⌛ Una corsa contro il tempo
Happy Poline ha bisogno urgente di un intervento al cuore impossibile da realizzare nel suo paese. È il Dott. Stefano Marianeschi, responsabile della Cardiochirurgia pediatrica al Niguarda di Milano e direttore scientifico del nostro programma Cuore di bimbi, a proporre un’operazione in Italia. I rischi sono alti, ma le alternative non esistono.
Comincia una corsa contro il tempo: ottenere i documenti, affrontare le difficoltà logistiche, trovare un volo che accetti di imbarcare una bambina in condizioni critiche, superare ostacoli burocratici. Un primo tentativo fallisce. Ma nessuno lascia perdere.
Il 3 aprile, dopo oltre 30 ore di viaggio tra minivan e scali aerei, Happy Poline arriva a Milano con la sua mamma e una mediatrice culturale. Grazie alla Regione Lombardia, viene autorizzato l’intervento al cuore all’ospedale Niguarda.
🫂 Una rete di accoglienza
Nel pieno della Milano Design Week, trovare un alloggio è quasi impossibile. Ma grazie all’impegno dei colleghi e volontari di Mission Bambini, la mamma di Happy Poline trova accoglienza e sostegno quotidiano. C’è chi si alterna in ospedale, chi traduce, chi si occupa dei turni, chi porta una giacca più calda o una fetta di colomba a Pasqua.
“Quello che porto con me da questa esperienza è la consapevolezza che l’amore con cui ciascuno di noi sceglie di esserci, nel suo piccolo, può davvero fare la differenza.” Ci racconta Claudia, una delle nostre volontarie impegnate nell’accoglienza.
Il 7 aprile, Happy Poline entra in sala operatoria. L’intervento al cuore è tecnicamente riuscito, ma le condizioni restano critiche. I medici la tengono sotto osservazione, intubata. La tensione è altissima.
I giorni passano. Un primo tentativo di estubazione fallisce. Poi, finalmente, il 16 aprile, arriva il primo respiro da sola. È il suo undicesimo mese di vita: Happy Poline è sveglia, tra le braccia della mamma, che la stringe commossa.



♥️ Una piccola leonessa
I medici la chiamano “leonessa”. Nessun altro paziente, dicono, aveva mai reagito con tanta forza da un giorno all’altro. Il 18 aprile viene trasferita in pediatria, respira da sola, si nutre, gioca. A Pasqua assaggia la sua prima colomba, mentre i volontari di Mission Bambini le stanno accanto.
I controlli confermano i miglioramenti. Il 6 maggio, Happy Poline lascia l’ospedale Niguarda e nei giorni successivi torna in Uganda, dove la aspettano la sua famiglia e il suo villaggio. Sorride. Sta bene.
La tenacia di chi non ha lasciato perdere ha fatto la differenza
Questa non è solo la storia di una bambina salvata. È la storia di tante persone comuni – medici, volontari, operatori, sostenitori – che hanno scelto di non lasciar perdere. E che, insieme, hanno reso possibile ciò che sembrava impossibile. È la storia di collaborazione tra associazioni (Mission Bambini e Fondazione Italia Uganda) per un bene più grande: salvare la vita di una bambina.
Il grazie più grande va a tutti coloro che hanno scelto di esserci.
E a chi continuerà a farlo.
“Mi avete fatto sentire a casa.”
— Ci ha detto la mamma di Happy Poline, prima di ripartire per l’Uganda




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