Le famiglie alla prova della pandemia: esperienze, problemi e possibili risposte

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Nella quarta e ultima puntata del ciclo di eventi live “Le nuove sfide educative” abbiamo parlato dell’impatto della pandemia sulle famiglie e di quali politiche si potrebbero adottare per supportarne le capacità educative.

Il quarto appuntamento con le nuove sfide educative è andato live su Facebook martedì 20 ottobre, alle 18.00. Leggi la sintesi della puntata »

 

 

 

I contenuti che seguono sono una sintesi di quanto emerso dalla discussione con: Chiara Saraceno, Honorary Fellow, Collegio Carlo Alberto di Torino, co-coordinatrice Alleanza per l’Infanzia; Alfredo Ferrante, Dirigente coordinatore del servizio “Promozione dei servizi per la famiglia, relazioni internazionali e comunitarie” del Dipartimento Politiche della Famiglia – Presidenza del Consiglio dei Ministri; Emma Ursich, Segretario generale Fondazione The Human Safety Net di Generali; Jolanda Restano, Co-founder FattoreMamma e Filastrocche.it.
Il live talk, moderato da Fabio Colombo di Le Nius, ha incluso anche due racconti dal campo, introdotti da Alberto Barenghi, Responsabile Ufficio Progetti Mission Bambini: protagoniste Flavia Bernardi, Pedagogista Cooperativa La Grande Casa, Sesto San Giovanni (MI), e Simona Lionetto, Sociologa e counselor professionista Cooperativa Solidee (NA).

 

Le famiglie durante il lockdown

A causa dello sconvolgimento della scuola e delle altre attività educative dovuto alla pandemia, le famiglie si sono ritrovate sovraccariche di doveri e responsabilitàsenza tuttavia poter sostituire la scuola né negli insegnamenti formali né nella dimensione sociale, che è tale proprio perché esterna alla famiglia. Venendo a mancare questo aspetto, che permette ai ragazzi di imparare a muoversi in un mondo sconosciuto, uno degli impatti negativi del lockdown è stato quello di rafforzare la dipendenza di bambini e adolescenti dalla famiglia.

Dall’altro lato, i genitori non sono stati accompagnati in maniera adeguata in questa situazione del tutto inedita. Sono molte le famiglie che si sono sentite sole e isolate durante il lockdown. Questa condizione le ha spinte a cercare di unirsi e, con idee originali, a costruire occasioni di condivisione grazie anche al digitale, dimostrando una forte resilienza.
Una survey condotta da FattoreMamma durante il lockdown ha evidenziato una netta spaccatura tra le mamme che vivevano il lockdown e il prossimo futuro con estrema preoccupazione (il 50%) e quelle che invece mostravano più fiducia, vivendo la situazione giorno per giorno (l’altro 50%).

Le aziende hanno spesso messo a disposizione strumenti per aiutare le famiglie nel loro approccio con il digitale e con la didattica a distanza. Anche il Dipartimento per le politiche della famiglia, struttura interna alla Presidenza del Consiglio, ha offerto attività online di supporto ai genitori, come ad esempio il progetto #CiStoDentro, nuova sezione del sito del Dipartimento dedicata ad attività, consigli, interviste a esperti.

Un ruolo di primo piano nell’accompagnare i genitori è stato assunto dagli enti del Terzo Settore, che hanno organizzato per i genitori percorsi di formazione al digitale e hanno reso disponibili device e strumenti. La nostra stessa Fondazione ha donato tablet e connessione internet a oltre 600 studenti di famiglie fragili, partendo con questa attività già a marzo, anche grazie al sostegno di Fondazione The Human Safety Net di Generali. Durante il lockdown è nata anche la piattaforma Bambini Patapum, che ha offerto ai genitori preziosi consigli e un’ampia gamma di proposte per laboratori e attività da svolgere in casa con i bambini da 0 a 6 anni.

 

Le disuguaglianze tra le famiglie e dentro le famiglie

Come ormai sappiamo, la pandemia ha acuito le disuguaglianze tra le famiglie e dentro le famiglie. I nuclei che più avrebbero avuto bisogno di sostegno ne sono spesso rimasti privi. Non solo per la mancanza di strumenti digitali (tablet, computer, connessione internet), ma anche per il ridotto spazio disponibile: il 40% dei minorenni in Italia vive infatti in condizioni di sovraffollamento.

Le situazioni più difficili da gestire sono state quelle di maggiore fragilità, come le famiglie con ragazzi disabili, che hanno sofferto anche della chiusura dei servizi educativi loro dedicati e che, per questo motivo, oggi dovrebbero essere gli ultimi a rinunciare alla didattica in presenza.

Oltre ad aumentare le disuguaglianze tra famiglie, la pandemia ha contribuito ad aumentare anche le disuguaglianze interne, a discapito delle donne. Durante e dopo il lockdown, a sopportare il lavoro di cura e responsabilità familiare sono state soprattutto le madri, nonostante anche i padri abbiano incrementato il loro contributo.

Inoltre, a differenza della crisi del 2008, in cui la disoccupazione ha colpito settori caratterizzati da manodopera maschile (ad esempio il manifatturiero), oggi sono in crisi soprattutto il commercio, il turismo e il terziario, ambiti di tipica occupazione femminile. Il tasso di occupazione delle donne, già molto basso in Italia rispetto alla media europea, rischia di ridursi ulteriormente, in particolare tra le persone con minore qualifica.

Già nel periodo pre-pandemia, il 20-25% delle donne italiane ogni anno lasciava il lavoro per motivi familiari. Secondo i dati dell’ispettorato del lavoro, tre donne su quattro tra quelle che escono volontariamente dal mercato del lavoro lo fanno per ragioni legate alla gestione dei figli. Si teme che questi dati peggioreranno ulteriormente per effetto della pandemia.

La mancanza di un supporto da parte di nonni e babysitter e la crisi attuale che sta colpendo in maniera particolare l’occupazione femminile hanno quindi peggiorato la condizione delle donne e rischiano di aggravare ulteriormente la disparità di genere.

 

Politiche a sostegno delle famiglie

Durante il lockdown sono state varate misure straordinarie ed emergenziali per far fronte alla situazione, come il congedo straordinario e il bonus babysitting. Tuttavia, la pandemia ha contribuito a rendere evidente l’esigenza di una politica della famiglia più strutturale, che prenda in considerazione diversi aspetti e problematiche.

Con questo obiettivo a giugno il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge proposto dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, e dalla Ministra del lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo, recante “Deleghe al governo per l’adozione dell’assegno universale e l’introduzione di misure a sostegno della famiglia” (anche detto Family Act): un disegno organico di misure pensate per le famiglie con figli.

Il Family Act mira a costruire un quadro normativo organico che comprenda al suo interno diversi intenti: sostegno alla genitorialità e alla funzione sociale ed educativa della famigliacontrasto alla denatalitàsupporto alla conciliazione tra tempi di lavoro e tempi domestici, soprattutto per le donne.

L’attività parlamentare è ora concentrata sull’assegno unico universale, che dovrebbe consistere in una sintesi di varie provvidenze di tipo economico, con l’obiettivo di ricondurre a un unico assegno tutti i bonus per i ragazzi e le famiglie.

 

Patti educativi e ruolo del terzo settore

A fronte di questi interventi, che comunque entreranno solo gradualmente in vigore esercitando i loro effetti nel medio-lungo periodo, è necessario che diversi attori si prendano carico del sostegno alle famiglie.

Tra questi certamente le scuole che, pur con tutte le buone intenzioni e le dovute eccezioni, spesso faticano ad assolvere a questo compito, ancor più in tempo di pandemia.
I cosiddetti Patti Educativi di corresponsabilità, che dovrebbero appunto servire a coinvolgere i genitori nella condivisione di intenti educativi e pedagogici, sono spesso sottoscritti senza una vera partecipazione, come un fardello burocratico a cui adempiere.
Questa può invece essere l’occasione per dare nuovo valore a questi patti, coinvolgendo davvero le famiglie, impegnandosi per capire insieme a loro cosa sono, a cosa servono, e quali sono gli impegni della scuola e quali quelli della famiglia, il tutto a beneficio di bambini e ragazzi.

Altro soggetto determinante in questa fase può essere il terzo settore. Spesso sono proprio gli enti di terzo settore, che gestiscono diversi servizi per l’infanzia e per bambini e ragazzi, ad avere un contatto più stretto con le famiglie e ad avere tra i loro obiettivi quello di un intervento che le coinvolga.
Vanno in questa direzione le testimonianze portate da Flavia Bernardi della Cooperativa La Grande Casa di Sesto San Giovanni (MI) e da Simona Lionetto della Cooperativa Solidee di Napoli, entrambe partner di Mission Bambini all’interno del progetto “Ora di Futuro” promosso da Generali Italia e The Human Safety Net.

Più in generale, tutti i servizi educativi della nostra Fondazione, pur rivolti in primis a bambini e ragazzi, prevedono sempre più il coinvolgimento anche delle famiglie. Per contrastare la povertà educativa che caratterizza molti contesti del nostro Paese, è infatti indispensabile favorire il potenziamento delle competenze genitoriali e accompagnare i genitori nella sfida educativa. Ecco allora che nell’ambito dei nostri interventi, come ad esempio nel progetto “Servizi 0-6: passaporto per il futuro” finanziato da Con i bambini, ai genitori vengono proposti momenti informali di incontro e scambio di esperienze, laboratori educativi e anche veri e propri percorsi di accompagnamento nei casi di maggiore fragilità.

 

Famiglie al tempo della pandemia

Con la pandemia le famiglie hanno dovuto sviluppare un rapporto completamente nuovo con il tempo.
Nelle varie fasi di questo 2020 si sono trovate a gestire tre diversi periodi caratterizzati da una gestione del tempo diversa.

Nel primo periodo di lockdown hanno affrontato un tempo sospeso, una grande quantità di ore da passare insieme in uno spazio limitato, spesso senza avere gli strumenti per poterlo fare in maniera costruttiva ed educativa per i ragazzi.

La seconda fase di giugno è stata caratterizzata da una volontà di recuperare il proprio tempo lavorativo, individuale e sociale. L’apertura dei campi estivi ha consentito un po’ di respiro per genitori e bambini, che a settembre sono invece piombati nel tempo della rassegnazione. Le continue e diverse decisioni politiche, l’incapacità di prevedere la situazione e l’incertezza in cui continuiamo a vivere fa sì che le famiglie si siano arrese all’impotenza di fronte al loro tempo.

Ora il rischio di questa rassegnazione è che vada a nuocere ai meccanismi educativi e familiari su cui si basa lo sviluppo dei ragazzi. Oggi è fondamentale che le famiglie vengano supportate dalla politica, dal terzo settore, dalle aziende e che il loro ruolo educativo non venga sottovalutato, ma anzi sostenuto con una particolare attenzione alle situazioni di maggiore fragilità.